Da giornalista a produttore discografico per poi diventare chitarrista dei Ministri; Federico Dragogna racconta qualche curiosità di come, il suo “progetto da pub” sia diventato in pochi anni una certezza e punto di riferimento della nuova musica italiana.

Il video girato da Cosimo Alemà per la canzone Tempi bui è molto interessante ma allo stesso tempo altrettanto provocatorio…

La vera provocazione è stata il balletto, perchè in generale la metà dei registri quando ci ha tra le mani ci dice di spaccare qualcosa. Eravamo a Roma, in capannoni abbandonati, dove girano film di guerra, con a disposizione qualsiasi tipo di arma. Tutta la parte che si vede del nostro “degenero”, per esigenze di Mtv è stata, non tagliata, ma oppressa. Invece sul nostro playback c’era un album degli Slayer che suonava al massimo volume (ride n.d.a.).

Nell’ambiente si dice che i giornalisti sono dei musicisti “falliti”, com’è andata nel tuo caso?

Lavoravo come giornalista, un lavoro sicuro, dove un giorno ero ad Amsterdam a intervistare Avril Lavigne, l’altro a Londra per incontrare Slash. Anche se i Ministri erano un progetto da pub, io ci credevo tantissimo. Quindi ho lasciato il giornale per fare un anno e mezzo di quasi fame; poi fondare un’etichetta discografica, fare il produttore artistico e poi far crescere i Ministri.

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Avete ristampato il vostro primo album, I soldi sono finiti (2006, Otorecords/Maninalto! Records) e dopo tutto il vostro successo…ce la fate arrivare a fine mese?

Sì, anche perché abbiamo uno stile di vita molto basso e se non siamo in tour, siamo a casa a vedere film. Una persona come me, se gli dai una birra è contenta (ride n.d.a.). Di solito non siamo in giro per locali o altro, anche perché spesso e volentieri con i Ministri siamo noi l’intrattenimento della serata. Comunque se avessimo un altro stile di vita, non arriveremo a fine mese.

Curiosità: al festival Rock in IdRho di qualche anno fa avete conosciuto Dave Grohl?

Giusto un incontro volante. Tutti mi dicevano che gli somiglio molto e da vicino la somiglianza è preoccupante: infatti tutte e due eravamo davvero stupiti (ride n.d.a.). Rock in IdRho è stato un festival molto tranquillo e divertente rispetto ad altri come l’MTV Day, più frenetico.

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I Ministri sono identificati anche per le giacche, vi vedremo mai senza in un futuro?

Siamo arrivati alla conclusione che ci piace l’idea di avere qualcosa di diverso. Di solito nella vita ci vestiamo malissimo, quindi l’idea di un indumento che indossi con qualsiasi cosa e stai bene, direi che è perfetta. In più ormai è anche un gioco, il pensiero di una cosa da mettersi subito prima del live ti aiuta a entrare in un’altra dimensione, aggiunto al fatto di vestirci male e di non essere fisicati, magari con la pancia, aiuta molto.

Come nascono i vostri brani?

Li compongo a casa, di notte, con strumentazioni molte lontane dai Ministri: sintetizzatori anni ‘70, vecchissime tastiere, chitarre elettroniche, acustiche, vecchie drum machine. Oppure, per comporre vado altrove, come a Berlino: due settimane, un sacco di droga (ride n.d.a.) e un po’ di strumenti vintage. Faccio questi provini che porto poi in studio, mentre li ascoltiamo insieme il resto della band mi prende sempre per il culo e poi iniziamo a lavorarci. Per esempio L’importante che non ci sia il sole era nata come una ballata hippy in tre quarti che, dopo averla provata insieme, è diventata un pezzo “ministrizzato” in quattro quarti.

Come vedi il panorama musicale indipendente italiano?

Penso sia logorante tener divisi il mondo dell’indipendente da tutto il resto, sia per chi ascolta la musica sia per i media. Fa sì che in questo modo gran parte degli indipendenti non si confronta con alcune situazioni professionali. Una certa Italia musicale, quella di Sanremo, deve mantenere uno standard qualitativo altissimo e se una band indie ci partecipasse, farebbe cagare. Non per la mancanza di bravura, ma perché sarebbe confrontata con uno modello televisivo. Quindi la musica indipendente, anziché imporsi come modello, dovrebbe confrontarsi con musica opposta. Per esempio Dalla è incredibile tecnicamente e anche altri artisti che non ascolto come Nicolò Fabi e Max Gazzè a livello di musica e testi hanno tantissimo da dire. La chiave sta nell’avvicinare questi due mondi così che possano prendere uno il meglio dell’altro.

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Come fare a non contaminare la naturalezza indie e lo standard della “classicità” italiana?

Credo che lo “standard” si cambi nel momento in cui si presenta qualcuno e ti fa sentire e diventare vecchio; dall’altra parte, la naturalezza dell’indipendente non sempre è così pura. Alcune band underground copiano gruppi stranieri non molto conosciuti, quindi la nobiltà del tuo sound sta nel fatto che hai una referenza più nobile, non che sei più fico perchè copi un gruppo più fico. All’uscita del primo cd, i Ministri suonavano praticamente hard rock, mentre tutti ascoltavano i Franz Ferdinand. La nostra crescita e scelta di genere si è evoluta vedendo quello che ci piaceva e quello che riuscivamo a fare meglio. Pensa che da piccolo volevo essere una star glam rock come Freddy Mercury: mi ci vedi in calzamaglia?

di Degio De Giorgis
foto di Laura Dragoni

(14/06/2012) – ©2012 OnDetour – Tutti i diritti riservati

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