Report live del concerto dei Wolfmother e del duo Deap Vally al Circolo Magnolia di Milano.
Smembrati, sciolti, tramutati in progetto solista, riformati; in quanto a incarnazioni i Wolfmother non si sono fatti mancare nulla da quando riuscirono a sfiorare il cielo con l’omonimo debutto nel 2005. Erano in tre all’epoca, e tre ora sono tornati, col frontman e chitarrista Andrew Stockdale come unica costante. Una sorta di ritorno all’ovile dopo la scorpacciata di popolarità che rese Woman e Love Train ormai dei nuovi classici del rock (revival) moderno. Il recente New Crown (terzo full-length giunto dopo ben cinque anni dall’ultimo Cosmic Egg, che provò senza riuscirci a rinverdire i fasti del debutto) è uscito quasi di sorpresa dopo una gestazione travagliata e sembra mostrare un rinnovato atteggiamento del terzetto australiano: semplicità, visceralità, meno cantabilità, più robustezza.E’ in questa fase che li ri-incrociamo al Magnolia. Li accompagnano le Deap Vally (un unico disco all’attivo: il solido Sistrionix, del 2013), che puntualissime salgono sul palco alle 20:30 spaccate. Look da bad girls e coltello tra i denti, le due californiane ci sparano addosso tonnellate di riff bollenti e spessi come travi d’acciaio. Spirito tutto hard rock badass e attitudine tutta garage con quanto basta di White Stripes per aggiungere pepe: non è che ci facciano rimpiangere la mancanza del basso. Il pubblico si diverte e ringrazia. Qualche frase maliziosa scappa al pubblico maschile, ma le Deap Vally non si fanno incantare da così poco. Giusto un’oretta di esibizione e poi una mezz’oretta di attesa prima di veder spuntare la chioma cespugliosa di Stockdale dalle retrovie.

Il ritrovarli terzetto stupisce molti dei presenti, che se li ricordavano in cinque all’ultima calata italica. A basso e tastiere sempre il colorito Ian Peres, meraviglioso e sfavillante look da santone cinese in giacca nero lucido e ricami oro e faccia nascosta da capelli e barba, mentre alla batteria Vin Steele (fino a poco tempo fa seconda chitarra). L’apertura è affidata alla solita Dimension, tutta da saltare. Poi le immancabili New Moon Rising e Woman.
Il livello di forma è ottimo: Stockdale non ha perso nemmeno un grammo del suo timbro acuto e plantiano e Peres è indiavolato nell’avvicendarsi da basso a tastiere e a saltare come un ossesso. Unico problema? Chitarra. Non pervenuta. O se non altro, troppo poco potente per un gruppo che dovrebbe sfondarti di watt i padiglioni auricolari. E’ un po’ una seccatura, specialmente sulle spaccaculi Apple Tree e California Queen, o sulle nuovissime How Many Times, Heavy Weight e New Crown, che – sì – testa e fianchi te li fanno muovere, ma – come dire – vorrei mi fracassassero la gabbia toracica. In compenso davvero impeccabili i pezzi più “tranquilli”, come la sempre affascinante Mind’s Eye o Vagabond. In ogni caso, il basso è monolitico, caldo e avvolgente, e i suoni di tastiera acidi e meravigliosi. In questo modo non si fatica a sudare nel giungere a Colossal, che chiude il set regolare, e ci fa gustare con piacere l’unico encore, l’imprescindibile The Joker and the Thief.

I “nuovi” Wolfmother ci piacciono molto. Stockdale non si è fatto distrarre troppo dalla (fallimentare) avventura solista e ha riportato in vita la sua creatura nel modo migliore: in trio, come alle origini, con un sacco di chitarre gigantesche e un sound che insegue impunemente gli anni Settanta senza per questo impantanarsi troppo nel già sentito. E dunque li promuoviamo. Sono in forma e vogliono suonare senza troppi grilli per la testa, quindi gli auguriamo un altro New Crown, che ci è piaciuto un sacco. Il Circolo Magnolia era pieno e la gente se ne va soddisfatta.

Servizio di Alessandro Dragoni
Foto di Antonio Invernizzi

(06/07/2014) – ©2014 OnDetour – Tutti i diritti riservati

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