Ritornano gli inglesi Arctic Monkeys in Italia, ecco il report della serata dal Mediolanum Forum di Assago.

Urla di giovani, file di ragazzine con t-shirt della band, bagarini con poster formato stanzetta, brufoli e apparecchi odontoiatrici ai denti. Si allora dev’essere il posto giusto, gli Arctic Monkeys suonano qui.
Infatti, proprio questa “tendenza teen che ne ha definito i tratti somatici della band nei primi anni di vita, per via di quella geniale proposta sbarazzina, fresca e spavalda, sembra averli forgiati con un marchio dalla quale la band se ne sia voluta allontanare al più presto, per la precisione subito al loro terzo capito, Hambug, dove sovrasta l’enorme presenza e la collaborazione di Josh Homme (leader dei Queens Of The Stone Age), vero e proprio “padrino” di questa ricercata metamorfosi.

Premessa fatta ed obbligatoria, la band di Sheffield sale sul palco sovrastata dall’acclamazione di un pubblico ancora narcotizzato dalla performance della band di supporto, gli Strypes, un giovanissimo quartetto inglese ormai già abbastanza avviato in casa madre e fidi protetti di Noel Gallagher che, a mio modesto parere, rimangono una copia di altre copie nel panorama brit-rock.
L’aspetto e l’atteggiamento di un Alex Turner versione Elvis danno subito il resoconto e la conferma di quanto detto nelle righe precedenti.. la metamorfosi è stata completata.
Ecco esplodere Do I Wanna Know? , brano d’apertura dell’ultimo lavoro, seguita in “modalità bombardamento” dalle hit del passato, come Brainstorm, Teddy Picker, Dancing Shoes, Fake Tales Of San Francisco, Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair e cosi via.
I minuti corrono velocemente tra un pezzo e l’altro senza accorgersi e si arriva in un battibaleno ad assaporare materiale più recente come Crying Lightning, My Propeller, Pretty Visitors la bellissima Why’d You Only Call Me When You’re High?, Knee Socks, I Wanna Be Yours (dedicata al pubblico femminile) fino ad una tiepida versione acustica di Cornerstone. Il live continua con grande intensità e Alex Turner, quasi sempre senza chitarra, conduce la gli Arctic Monkeys come un vero e proprio direttore d’orchestra, gesticolando, ballando, ammiccando, chiacchierando, pettinando la folta chioma rockabilly e addirittura tentando delle magie con il plettro nelle mani, perdendo quell’aria spensierata, “spontanea” e non costruita di un tempo. In molti attendono il brano per eccellenza della band, Murdy Bum e tanto per tenere le distanze e far capire che le scimmie artiche ormai sono esemplari adulti e ben lontani da quei tempi, viene proposta in versione acustica, “adulta”.
Risultato? La commozione del pubblico femminile inquadrato nei monitor ai lati dello stage. Dopo un’oretta tirata di live, la band concede il bis con tre pezzi e come ci si aspettava conclude con il singolo del 2013 Ru mine? che saluta e ringrazia i molti accorsi.

Stasera abbiamo assistito ad un live di una band che nel corso degli anni è cresciuta musicalmente in modo impressionante, soprattutto a livello strumentale. L’imprinting avuto con Josh Homme nel 2009 è stato come la fata per Cenerentola, trasformando gli Arctic Monkeys, svezzandoli e facendoli crescere anche nel modo di comportarsi e atteggiarsi. Vedremo in futuro o dopo la mezzanotte che ne sarà. L’esecuzione dei pezzi è stata pari alla perfezione, senza sbavature o momenti di calo accompagnata da una più che azzeccata coreografia di luci, davvero ben riuscita.
Peccato per la durata del live e per non aver minimamente tentato di preparare “diversivi” tra un pezzo e l’altro, facendo cadere la tracklist così come da disco. Per una band come gli Arctic Monkeys ,di quel calibro è stata un’importante mancanza. Le scimmie non vivono più al freddo… han capito che, forse, il deserto è un posto migliore, più caldo.

Servizio di Fabrizio Cuttano
Foto di Antonio Invernizzi

(18/11/2013) – ©2013 OnDetour – Tutti i diritti riservati

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